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Mi presento, sono l’avvocato Federica Barbiero e offro consulenza in materia di lavoro a Torino e provincia.
Operando con serietà, competenza e dedizione mi occupo delle varie tematiche del diritto del lavoro in ambito giudiziale e stragiudiziale.
Il diritto del lavoro è una disciplina estremamente complessa ed articolata e tanti sono i punti centrali cari a chi, lavorando nell’ambito giuridico, ne fa una prerogativa, una garanzia e un dovere.
Ad un tuo cliente gli è stato impugnato il licenziamento e non sa come fare?
Un dipendente del tuo cliente ha fatto causa per un infortunio sul lavoro non sa come procedere?
Ad un tuo cliente un dipendente ha fatto causa per mobbing sul lavoro e non sa come comportarti?
Laureata a pieni voti in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Torino nel 1992, l’avvocato Federica Barbiero ha approfondito, prima nel corso degli studi, e in seguito durante il periodo di pratica legale, il diritto del lavoro. Prima dell’esercizio della professione, l’avvocato Barbiero ha ricoperto la funzione di Giudice Onorario presso le sezioni civili della Pretura di Torino dal 1994 al 1997.
Nella ventennale esperienza in materia di diritto del lavoro ha maturato una solida e vasta conoscenza sia delle richieste dei lavoratori, dipendenti pubblici e privati o lavoratori autonomi parasubordinati, sia nei confronti delle necessità legali degli imprenditori datori di lavoro.
Questa esperienza ha consentito di agire efficacemente nell’affrontare e comprendere le richieste che provengono dagli imprenditori in qualità di datori di lavoro e nelle difese giudiziali. Il mondo degli imprenditori, nel caso in cui assumano anche la veste di datori di lavoro, si trova infatti ad affrontare temi sempre più complessi rispetto alla varietà e alla dinamica delle forme contrattuali nel mondo del lavoro.
Caso di successo 1: Ex dipendente che vanta un rapporto di lavoro subordinato e sue mansioni specifiche.
La sig.ra La. Ma. e la sig.ra Va. Ro. chiedono la mia consulenza e la mia assistenza legale a fronte di una sentenza del Tribunale del Lavoro di Torino in cui era stata condannata al pagamento della somma di € 18.795,52, oltre spese legali liquidate in € 3.000,00 IVA e CPA, a favore di un ex dipendente per stipendi, TFR, ferie e regolarizzazione contributiva, che lamentava la mancata regolarizzazione del rapporto di lavoro subordinato.
La sig.ra Va. Ro. all’epoca dei fatti non era nemmeno socia della La.Ma., e ciò nonostante era stata condannata anch’essa.
La sig.ra La. Ma. all’epoca dei fatti era titolare di una bocciofila con licenza di somministrazione di alimenti e bevande senza cucina, mentre il dipendente dichiarava di avere lavorato come cuoco, pertanto le contestazioni erano sia sulla qualifica che sul periodo di tempo lavorato, ben inferiore alle richieste.
Infatti l’ex dipendente era stato assunto per circa 3 mesi, e la sua richiesta era di accertare un lavoro subordinato per 2 anni.
Durante il giudizio di primo grado erano stati sentiti numerosi testi i quali davano spiegazioni diverse, contraddittorie, che esulavano completamente dai fatti oggetto della causa.
Le sig.re La.Ma. e Va. Ro. nel processo davanti al Tribunale del Lavoro di Torino, erano state difese da un altro avvocato, che però prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni aveva dismesso il mandato legale in udienza, senza nemmeno fare una raccomandata alla cliente.
La sentenza del Tribunale del Lavoro di Torino accoglieva le domande tutte dell’ex dipendente e quindi condannava la sig.ra La.Ma. e Va . Ro. ad una ingentissima somma assolutamente ingiusta, che l’avrebbero mandate in crisi economica e di liquidità.
La sig.ra La. Ma. ha deciso di fare impugnazione in appello avvalendosi della mia difesa e mi ha incaricato di depositare il ricorso urgentemente.
La sig.ra Va. Ro. insisteva per la carenza di legittimazione passiva, poiché all’epoca non era nemmeno socia della La . Ma.
Nel frattempo la sentenza notificata faceva decorrere il termine breve per l’impugnazione, che è di 30 giorni, al termine del quale la sentenza sarebbe divenuta definitiva.
In appello l’accoglimento dei ricorsi è sempre molto scarso, si stima che venga respinto circa il 60-70% dei ricorsi e che venga quindi confermata la decisione del primo grado.
Tuttavia la dimostrazione della costanza del rapporto di lavoro da parte del lavoratore, la vaghezza delle testimonianze ed il contento alquanto contraddittorio della sentenza di primo grado mi hanno convinto a consigliare la sig.ra La.Ma per fare l’appello.
In particolare nell’appello sostenevo che la sig.ra Va. Ro. era priva di legittimazione passiva poiché non facente parte della bocciofila, e producevo quindi la visura camerale.
Per quanto riguarda invece la prova del rapporto di lavoro e delle mansioni di cuoco, ho smontato tutte le testimonianze rese davanti al giudice del primo grado e soprattutto ho dimostrato che il ricorrente non poteva affatto essere considerato cuoco, mancando sia la licenza sia la cucina attrezzata.
Tutt’al più il ricorrente poteva aver assemblato prodotti di gastronomia con verdure, frutta e pasta fredda.
La prova rigorosa del rapporto di lavoro era stata assolutamente carente, ed ho per l’appunto citato molta giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione.
Alla data fissata per la discussione in appello davanti al collegio composto del presidente e di due consiglieri, si sono presentate tutte le parti con i relativi avvocati per cercare una transazione amichevole. La sig.ra La. Ma. pur sapendo di avere ragione, offriva a titolo transattivo la somma di € 2.000,00 che veniva rifiutata dall’ex dipendente.
La Corte d’Appello di Torino si riuniva in camera di consiglio e dopo soltanto due giorni depositava la sentenza di accoglimento totale dell’appello con rigetto delle domande formulate dall’ex dipendente e cancellando la condanna della sig.ra La. Ma. al pagamento della somma pari ad € 18.759,52 oltre € 3.000,00 di spese legali stabilita nel precedente giudizio.
La sig.ra Bi., titolare della ditta individuale omonima con meno di 15 dipendenti nel settore agro-alimentare, a causa della perdurante crisi economica e di liquidità, decideva di licenziare per giustificato motivo oggettivo la lavoratrice sig.ra Ro. e pertanto inviava lettera raccomandata ai sensi della L. 604/66.
La ex dipendente sig.ra Ro. impugnava il licenziamento e ricorreva al Tribunale del Lavoro di Torino, sostenendone l’illegittimità, l’insussistenza del motivo oggettivo, la carenza di prova della crisi economica stante l’assunzione da parte della titolare di altre lavoranti a part time e full time.
Nel ricorso al Giudice richiedeva la reintegrazione nel posto di lavoro e l’indennità massima prevista dall’art. 18 Statuto dei Lavoratori come novellato dalla L. 92/2012 (Rito Fornero), in quanto assunta prima del 07.03.2015 (data del Jobs Act).
La mia difesa processuale ha contestato la legittimità dell’applicazione dell’art. 18 come tutela reale in quanto la ditta della mia cliente difettava dei limiti dimensionali.
Inoltre è stata rivolta a dimostrare la legittimità del licenziamento e del motivo oggettivo che lo supportava, poiché quelle assunzioni riguardavano necessità assolutamente temporanee in relazione al periodo natalizio, mentre i bilanci ed i modelli Redditi dimostravano un calo del fatturato intorno al 10-20%.
Sul punto la giurisprudenza afferma la insindacabilità delle scelte imprenditoriali, laddove adeguatamente dimostrate, tese a ottenere maggiori profitti ed anche la riduzione del personale rientra tra tali scelte.
Del resto l’attività economica imprenditoriale è libera da vincoli e da controlli, in quanto garantita dalla stessa Costituzione art. 41, purché nel rispetto delle regole e delle normative in materia di diritto del lavoro.
La ex lavoratrice ha pure tentato di contestare il licenziamento discriminatorio in quanto essa aveva una malattia che la rendeva invalida al 60%, come da riconoscimento dell’INPS.
Anche tale argomento è stato completamente smentito dalla mia difesa, in quanto la ex lavoratrice aveva sempre fruito dei permessi dovuti, della malattia, come per legge.
Pertanto, a seguito dell’istruttoria processuale, in accoglimento delle difese del datore di lavoro, il Giudice del Lavoro confermava la legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, rigettando totalmente le domande dell’ex dipendente..
"Ho conosciuto l’avv. Federica Barbiero grazie ad amicizie comuni, e mi sono rivolta a lei per una difficile causa che mi aveva fatto un mio ex dipendente per lavoro straordinario e per inquadramento. Purtroppo il mio precedente avvocato mi aveva perso completamente la causa in tribunale, e mi trovavo costretta a pagare ingiustamente una somma ingente.
L’avv. Federica Barbiero mi ha fatto l’appello con urgenza, poiché c’era poco tempo ed ha lavorato soltanto per me per due settimane.
Alla data dell’udienza in Corte d’Appello mi dovevo presentare anche io personalmente ed ero molto emozionata. Il mio appello è totalmente accolto quel giorno stesso, e sono state cancellate immediatamente tutte le somme che nella precedente sentenza mi avevano condannato a pagare al mio ex dipendente. Sono davvero molto molto grata all’avv. Barbiero per avermi risolto un problema enorme e difficile."
"Ho conosciuto l’avv. Federica Barbiero tramite mio fratello, che ne aveva parlato bene perché era molto preparata e determinata. Il mio problema riguardava vecchie cartelle Equitalia per contributi INPS che continuavano a tormentarmi.
L’avv. Barbiero mi ha spiegato molto bene i miei diritti e le possibilità di impugnazione per ottenere l’annullamento delle cartelle. Ha inoltrato la causa in Tribunale del lavoro a giugno del 2017 e prima di Natale avevo già la sentenza di accoglimento totale con l’annullamento delle cartelle.
Sono assolutamente soddisfatta della professionalità e della cortesia dell’avv. Barbiero che mi ha risolto un problema difficile in modo così rapido."